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Ci sono esperienze che non consideriamo regali perché non ci arrivano con il fiocco.
Ma ci sono regali che richiedono così tanta intenzione ed attenzione nel farli, che non hanno poi bisogno di essere abbelliti in nessun modo. Solo che è più difficile riconoscere che sono regali, perché non luccicano e non attirano l’attenzione.

L’ascolto empatico è un ottimo esempio di regalo silenzioso.

evolve ha tra le sue proposte formative una dedicata all’ascolto empatico, cioè quell’ascolto che non chiede di intervenire con consigli, supposizioni, domande e giudizi, ma si “limita” ad ascoltare i concetti espressi e a riformularli per aiutare chi sta parlando a contattarsi e continuare così l’esplorazione di sé e dell’oggetto della sua comunicazione.

Chi decide di ascoltare in maniera empatica (intenzione) e mettere al centro l’altro e il suo racconto (attenzione) fa un lavoro talmente generoso che non c’è poi bisogno di altro. Nessun consiglio in raso, nessuna rassicurazione con i glitter, nessun bigliettino con la soluzione al problema di chi parla.
Ma siccome non siamo abituati a ricevere un regalo che non sia stato coperto, “abbellito”, modificato in qualche modo da chi ce lo sta donando, inizialmente rimaniamo basiti.
“Ma come? Ci tieni così poco a me che non hai neanche voluto incartarlo?”.
È solo cominciando ad utilizzarlo che ci rendiamo conto di quanto ci servisse e quanto sia più semplice trarne beneficio senza avere carte e fiocchi in giro che distraggono e creano confusione.

Molto spesso in aula vediamo persone che vengono ascoltate per la prima volta.
Per la prima volta non hanno qualcuno che li interrompe, che comincia ad interpretarli, valutarli…
Nessuno che faccia domande che orientano la conversazione verso luoghi che chi parla non avrebbe voluto esplorare.
E quelle stesse persone, che prima di fare l’esperienza verbalizzavano il bisogno di un confronto con l’altro mentre parlano, di un consiglio, di un suggerimento, tutto un tratto si sentono libere di dire, di parlare, di pensare, di pensarsi, di riflettere su di sé, aiutate a stare su di sé.

E nel vedere il potere di questo ascolto empatico, anche agli altri viene voglia di provare.

Perché l’ascolto è uno di quei regali che se c’è poi usano tutti e tutti ne traggono beneficio.
Persino i formatori, persino io, che vedo ogni volta ripetersi la stessa dinamica e ogni volta riesco a stupirmene.

Certo, non sempre si hanno le forze di fare un regalo così e di sicuro non abbiamo voglia di impegnarci così tanto per fare un regalo del genere a qualcuno che non ci interessa.
Ma quando invece abbiamo a cuore qualcuno e vorremmo davvero fare per lui qualcosa che sia utile, che possa aprirgli più strade, che possa aiutare il suo percorso, sappiamo come fare?

Sappiamo come fare questo regalo silenzioso che è l’ascolto empatico?

Irene Facheris

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