Skip to main content

 

Questo documento è dedicato ai e alle partecipanti agli eventi formativi online.
A chi progetta, organizza, gestisce ed eroga la formazione online consiglio, inoltre, la lettura di questo documento: https://www.stefanofacheris.it/formazione-online/

Premessa

Ogni cliente è differente dall’altro, ogni persona è unica e irripetibile e per questo ogni progetto formativo è un pezzo unico, detto ciò, possiamo comunque fare alcune riflessioni di carattere generale a proposito della formazione online.

La scelta di investire sulla modalità online è stata importante, nata per convinzione, proseguita per necessità (Covid) e consolidata con la consapevolezza sia delle sue criticità, sia dei suoi vantaggi.

Qualcuno pensa che la formazione online sia la trasposizione online di ciò che si fa in presenza.
Come dire che il curling è la trasposizione sul ghiaccio del gioco delle bocce, solo che il pallino è un enorme mirino dipinto e si tirano delle curiose teiere.
Se giochi a curling con gli stessi strumenti che usi per giocare a bocce alla fine dirai che il ghiaccio è scivoloso, le stone sono pesanti e fa un freddo becco
Insomma, elencherai tutte le caratteristiche del curling e le chiamerai problemi e poi «vuoi mettere le bocce, che è una vita che ci gioco…».

La modalità in presenza non è un problema, la modalità online non è un problema, sono due condizioni che possono generare alcuni problemi o possono generare alcune opportunità, se le sai cogliere…
La pioggia non è un problema, è una condizione, genera un problema se esci senza ombrello, genera un’opportunità se hai un campo da irrigare…

La formazione in presenza mostra alcuni grandi limiti:

  • l’enormità dei costi
  • la rigidità metodologica
  • una questione irrisolta con la committenza (tema a cui è dedicato un capitolo)

Proviamo a mettere in relazione questi limiti con le opportunità che la dimensione online offre a chi ha voglia di coglierle.

ALCUNI VANTAGGI DELLA FORMAZIONE ONLINE

Della possibile ricchezza relazionale della formazione in presenza (e del perché è possibile e non certa) ne parleremo più avanti, insieme alle necessarie azioni riparatorie che la formazione online deve fare su questo fronte, essendo strutturalmente e indiscutibilmente svantaggiata.
Vediamo qui alcune opportunità date dalla condizione online, comparandole con l’equivalente critico della condizione in presenza.

I costi

La formazione in presenza comporta dei costi altissimi per:

  • la residenzialità
  • gli spostamenti delle persone (partecipanti e trainer)

Online queste voci di spesa sono sostanzialmente azzerate.
Vanno eventualmente previsti i costi relativi alla tecnologia necessaria.

Circa i costi relativi ai trainer, in presenza il tassametro del trainer va sempre: quando parla, quando ascolta, quando i partecipanti lavorano individualmente, in sottogruppo, durante i break, insomma: sempre.
Nei progetti online ci sono molte attività che il partecipante fa individualmente e autonomamente e si utilizza la Videocall (di seguito: Vcall) solo quando è necessario, ne consegue che le ore da fatturare risultano essere non solo inferiori ma anche, e soprattutto, più mirate.

L’aspetto metodologico

Nella formazione in presenza:

  • tutto è subordinato al programma del corso, spesso ideato prima di conoscere le persone che parteciperanno e solo in minima parte influenzato dai bisogni che possono emergere durante il corso (tenerne conto genererebbe una diseconomica ridondanza di risorse)
  • le competenze si sviluppano nel medesimo tempo (la durata del corso)
  • nel medesimo spazio (la sede del corso)
  • nel medesimo soggettivo periodo storico (non tiene conto delle contingenze personali)

Online, non avendo, se non in minima parte, il vincolo rappresentato da stesso tempo / stesso spazio, è possibile progettare la formazione con maggiore attenzione e rispetto per i processi di apprendimento degli adulti.

L’apprendimento ha bisogno di tempi di sedimentazione, c’è un limite alla umana capacità di assorbimento nell’unità di tempo.
I temi hanno sempre dei propri livelli di propedeuticità che non solo necessitano di un prima e di un poi ma anche di un tempo fra il prima e il poi.
La formazione online, potendo diluire, spalmare, può frazionare i contenuti e accertarsi che il passaggio al livello successivo avvenga quando il precedente è stato capito e compreso.

L’apprendimento si fonda sul bisogno che però si esprime solo gradualmente e parzialmente in domanda.
La domanda è importante non solo perché consente di cercare una risposta coerente e adeguata ma anche perché permette di accedere ad altre domande, sempre più centrate.
La formazione online consente di accompagnare i partecipanti nel presidio dei loro bisogni affinché possano trasformarli, nel tempo, in domande.

Le persone apprendono in modi molto differenti, i percorsi possono essere anche diversi, liberati dalla logica del plotone, che marcia come un sol uomo verso la meta, possiamo pensare al gruppo in apprendimento come ad un insieme di persone diverse, impegnate su un cosa unico (l’oggetto dell’apprendimento) ma su differenti perché e come, che si trovano tutti insieme solo quando serve.

«Ci vediamo in vetta, ognuno faccia la strada che sente più adatta per sé.»
La formazione online può prevedere dei lavori personalizzati (approfondimenti, supervisioni, counseling, ecc.) lungo il percorso.

Il gruppo è uno straordinario strumento per l’apprendimento del singolo, se serve e quando serve… altrimenti può diventare una perdita di tempo, se non addirittura un impedimento.
La formazione online permette di lavorare in gruppo solo quando serve.

Il momento giusto è quanto di più soggettivo possa esserci.
I gufi, le allodole, le persone che abbiamo intorno, le condizioni climatiche e la meteoropatia, lo stato di salute, la qualità del sonno, le condizioni emotive: come faccio a concentrarmi su una lettura o su un video se ho una preoccupazione per me o per qualche persona cara?
La formazione online lascia alle persone in apprendimento la libertà di fare tutto il lavoro preparatorio agli incontri nel momento più funzionale per loro (soggettivo periodo storico).

LA FORMAZIONE ONLINE E LA COMMITTENZA

Premessa

La questione irrisolta.
La formazione ha spesso considerato il partecipante un simpatico spettatore dello show del formatore oppure una persona da coccolare provando ad evitarle la fatica dell’apprendimento o un buon mix fra i due aspetti.

Come sappiamo non esiste apprendimento senza fatica ma la fatica non è mai piacevole, diventa tollerabile solo se ha un senso.
Il senso della fatica dell’apprendimento è sintetizzabile nel concetto di committenza.

La formazione ha spesso accettato di rincorrere una committenza debole, di assecondare un partecipante che credeva di aver capito, di rincuorarlo quando di fronte all’esperienza realizzava di non aver capito.
Un vecchio maestro di questo mestiere era solito dire: «quando fai formazione ai livelli alti, preparati a dire cose che non sanno, facendogli credere che le sapevano già…».

Ho insegnato alcuni anni in università e ho sempre avuto moltissima pazienza per spiegare una cosa a chi non l’aveva capita.
Io ero pagato (poco) per fare quel lavoro mentre la persona che avevo di fronte aveva pagato (molto) per essere lì e aveva, secondo me, il diritto di farsi spiegare ciò che non riusciva a capire.
Per contro, ho sempre avuto pochissima pazienza nei confronti di chi veniva a tentare l’esame, l’ho sempre considerato un imbroglio e quindi quando avevo la sensazione che qualcuno volesse convincermi di aver capito mentre semplicemente non aveva studiato, saltava l’appello.

La questione irrisolta ha un nome: la responsabilità di chi condivide lo spazio e il tempo dell’apprendimento.
Il trainer è lì per insegnare o per favorire l’apprendimento (sono due mestieri differenti, un po’ come le bocce e il curling… 😉) e si sentirà responsabile per cose differenti ma il partecipante è sempre lì con il compito di apprendere e di quello deve sentirsi responsabile.

Temporalmente la committenza precede la formazione con due domande da porre all’aspirante committente ® partecipante:

  • sei consapevole della tua condizione (rispetto all’oggetto dell’apprendimento) e dei tuoi bisogni?
  • senti di volerti mettere in una condizione di apprendimento?

Naturalmente, in una fase iniziale è raro che qualcuno dica: «no, non mi sento committente». Raro ma non impossibile quindi, nel caso, meglio saperlo prima…
Per contro, non è nemmeno automatico che chi dice «mi sento committente» poi lo sia effettivamente…
In questa fase iniziale si prende atto di ciò che dicono le persone, non è importante che sia vero o no (in questa fase nessuno può saperlo con certezza), è importante che:

  • abbiano avuto la possibilità di dirlo e non possano dire «nessuno mi ha chiesto se ero d’accordo o no…»
  • sappiano che nessuno dà per scontata la loro committenza
  • comprendano che hanno voce in capitolo, quindi hanno responsabilità…

A questo riguardo vi suggerisco la lettura di questo articolo:  https://www.stefanofacheris.it/2024/12/07/chi-me-lo-fa-fare-il-commitment-nella-formazione/

La responsabilità

In presenza il trainer dà i tempi, fa i check, è comodamente a disposizione per chiarimenti: tu alzi la mano e lui arriva, insomma: è lì.

La formazione online strutturalmente rende maggiormente autonomo il partecipante e questo può generare dei problemi di autogestione: fra un incontro e l’altro è solo.
«Lo faccio domani», può durare fino a che domani è il giorno della Vcall …

Il trainer conta, deve contare, sul fatto che se si è detto «ci vediamo con questo lavoro fatto, se avete dubbi contattatemi prima», e nel durante non ti ha sentito, significa che tu arrivi col lavoro fatto, capito e compreso.
La formazione online si fonda su pacta sunt servanda.
E il patto non è preso solo con il trainer, è preso con tutte le persone coinvolte, presenti e no.
Se una persona arriva e non ha fatto quello che doveva fare, fa perdere tempo a tutti e fa fare questo pensiero «secondo te invece io non avevo niente da fare…?».

La formazione online richiede a tutti: organizzazione, trainer e partecipanti una maggiore responsabilità.

Studiare

Eh sì, è un vocabolo desueto, caduto in disgrazia e per molte persone anche un po’ irritante ma che ci possiamo fare, questo è…

La relazione interpersonale è un’area tematica complessa dove, accanto ad una ricca componente esperienziale c’è anche una consistente componente cognitiva.
Nei classici corsi di formazione questo pezzo di apprendimento si realizza nelle sessioni cognitive dove il relatore spiega alle persone presenti i contenuti ma fare una lezione online è come correre i 100 mt piani con gli scarponi da sci ai piedi.
È molto meglio rendere disponibili i contenuti in un file scritto o in un video didattico da studiare in totale autonomia.

Studiare non significa semplicemente leggere o vedere o sentire la voce narrante… significa leggere/guardare e poi rileggere/riguardare e poi prendere appunti e poi segnarsi cosa non è chiaro e poi provare a ripetere e poi magari confrontarsi e condividere dubbi e perplessità con qualche collega di corso.
Significa prendersi il tempo per accertarsi non di avere intuito ma di avere compreso, non un pezzo ma proprio tutto.
E solo dopo aver studiato si va online, in piccoli gruppi, per completare e validare l’apprendimento.

Serve una grande fiducia, in sé e in chi te lo propone, per studiare.
Occorre una grande voglia, occorre un forte bisogno, persino un dolore…

Se non avete un dolore non è colpa vostra, beati voi…
Magari invece siete asintomatici, magari non vi va di sentirlo, magari lo sentite ma non è il momento giusto per occuparvene.
Grande rispetto per tutte le ragioni per le quali una persona decide di non entrare nella stanza dell’apprendimento ma se ci entra… valgono le regole dell’apprendimento.

Mio il castello, mie le regole…
Il discorso del re, 2010, regia di Tom Hooper con Colin Firth, Geoffrey Rush e altri/e
https://www.youtube.com/watch?v=SlKWWAqnmyI minuto 1’23’’

LA FORMAZIONE ONLINE E LA RELAZIONE

Premessa

Non c’è luogo dove non sia importante l’aspetto relazionale ma paradossalmente è più difficile essere consapevoli della nostra presenza proprio nei contesti a cui siamo abituati.
Un’abitudine fatta di interlocutori, di culture, di lingue e vocabolari, di contenuti, di modalità e di prassi, di strumenti e di setting…
L’abitudine è un pilota automatico che mette la sordina alla consapevolezza e all’intenzionalità ma ci illude, comunque, di essere sul pezzo.

La responsabilità relazionale

Per la relazione interpersonale, l’essere in presenza è senz’altro un plus, c’è la fisicità, la possibilità di toccare, di uno sguardo caldo, di una interazione ricca, di un abbraccio se serve… ma è anche un potenziale equivoco e un comodo e autoassolutorio sconto, oltre che una possibile fonte di abbaglio e di sovra-autostima

La fisicità non coincide automaticamente con la possibilità di far percepire all’altro la nostra presenza, ci illudiamo che sia così da emittenti, lo comprendiamo, tristemente, da riceventi
Molte persone si illudono che la forza della presenza fisica possa nascondere o almeno compensare la loro povertà relazionale.
Credono che esserci col corpo equivalga ad esserci col cuore o che esserci col corpo giustifichi il loro poco esserci col cuore.

Bisogna avere lo spirito forte e il cuore dolce.
C’è tanta gente che crede di avere il cuore dolce, e invece ha soltanto uno spirito debole.
Jacques Maritain, Filosofo francese

Credendo di essere adeguati perdiamo la consapevolezza di ciò che sta accadendo e quando il contesto cambia (ad esempio passiamo dalla modalità in presenza a quella online) ci rendiamo conto (forse) che qualcosa non va ma non sappiamo esattamente cosa.
Invece di cercare di guadagnare nuove abitudini (imparando cose nuove, trovando alternative, sfruttando nuove opportunità) preferiamo incolpare il nuovo contesto di non essere come quello vecchio, che era per noi così rassicurante e dove potevamo pensare e credere di essere adeguati…

Online siamo (emittenti e riceventi) poco attenti a compensare con un surplus relazionale (di attenzione, di comunicazione verbale, ecc.) gli innegabili limiti della modalità.
La modalità online, essendo più difficile da gestire, ci fa sentire meno efficaci (e continueremo ad esserlo se ci ostineremo a non impararla…) ma non ci rende più poveri, bensì svela la nostra povertà…

Il bisogno aguzza l’ingegno.

La mancanza, la necessità, l’assenza di qualcosa che ci serve, sono condizioni che riattivano la consapevolezza e l’intenzionalità.
Non è un caso che le relazioni con le diversità, con ciò a cui non siamo abituati, con ciò che esce dal nostro mondo conosciuto e che lo mette in discussione, sono quelle che lanciano la sfida a cercare e ri-cercare, a scoprire e ri-scoprire…
Il progetto nasce da un’insoddisfazione, da un vuoto e dal bisogno di colmarlo.

Se tengo a te e non ho gli strumenti che uso normalmente per comunicarti che tengo a te, mi ingegno per trovare delle alternative perché sono veramente interessato a farti sentire importante per me.
Chi si è innamorato di una persona che non parla la propria lingua sa quanto ci si possa adoperare, spinti dal bisogno di farla sentire amata…

Ancora un paio di considerazioni prima di chiudere con la responsabilità relazionale dei partecipanti.

La formazione in presenza ha sempre avuto 3 grandi contenitori di attenzione al partecipante: la location, la verve del formatore e le svariate facilities.
Siccome spesso la formazione è stata utilizzata come ampliamento di gamma del sistema premiante e un partecipante che si lamenta di un corso è un problema per chi è responsabile della formazione, a prescindere dalla ragione del lamento (i clienti non hanno sempre ragione…), si è cercato di disinnescare ogni possibile dislike finendo per coccolare il partecipante anziché richiamarlo alle proprie responsabilità di persona in apprendimento.
Secondo voi è un caso che alla fine dei corsi molte organizzazioni forniscono un questionario sul gradimento e non uno di autovalutazione circa il proprio apprendimento?

Non che la location debba essere deprimente ma se diventa la prima voce di spesa dobbiamo farci qualche domanda.
Non che il formatore debba essere soporifero ma se voglio uno spettacolo teatrale vado a teatro perché la formazione non deve intrattenere, con buona pace di chi parla di educament.
E via di questo passo, avete capito dove va a parare questo ragionamento…

La formazione in presenza ha dis-educato le persone in apprendimento cercando di preservarle da ogni fatica (chi non ricorda i partecipanti che chiedevano le fotocopie dei lucidi quando l’unica cosa di valore sarebbero stati i loro appunti…), ha passivizzato chi sta apprendendo.

Eccoci alla responsabilità relazionale dei partecipanti.

Ai formatori, nati e cresciuti pensando che la formazione in presenza fosse l’unica di valore (la formazione a distanza era riservata a temi semplici e per popolazioni numerose e di basso livello e per questo anche quei trainer erano considerati di serie B…), hanno insegnato che era loro piena responsabilità portare i contenuti e compensare a 100 ciò che il singolo partecipante non riusciva a portare relazionalmente.
Nei corsi di formazione formatori si imparava a gestire i differenti ruoli presenti in aula: il riottoso, il silenzioso, lo smemorato, ecc.
Assumendo che il partecipante avesse diritto ad essere com’era, fosse anche totalmente demotivato, e il formatore fosse responsabile di risvegliarlo e fornirgli un senso.

Ricordo una volta, ero a Mosca, il 1° giorno di corso c’erano alcuni (pochi per fortuna) partecipanti che intanto che parlavo leggevano un libro e un’altra volta, nel carcere di S. Vittore, un partecipante con un quotidiano aperto davanti alla faccia, come fosse al bar.
Ho usato tutte le mie competenze per proseguire nel mio lavoro, alla fine ho ricevuto, dagli stessi partecipanti, abbracci e complimenti ma io non solo ero sfinito ma anche convinto che fossi stato proprio bravo perché era quello che mi era richiesto dal ruolo… ero convinto di aver fatto la parte del mio dovere… in realtà era un inganno, fondato su un’ipotesi fallace e tossica: che io fossi l’unico responsabile del risultato formativo e in quanto tale dovessi occuparmi, evangelicamente, di tutto.

Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate.
il Profeta Isaia, citato nel Vangelo di Luca 3,4-5

In presenza, anche se sbagliato, si può fare, online no, nemmeno se lo sai/vuoi fare, non ci sono le condizioni, puoi anche provare a giocare a curling con le infradito, poi magari mi fai sapere com’è andata…

La formazione online ha bisogno di partecipanti consapevoli di essere, relazionalmente, soci paritari.
Nella stanza dell’apprendimento la relazione interpersonale non è una cosa che A fa a B ma una cosa che A e B costruiscono insieme, 50 e 50, e non c’è alcuna possibilità di compensazione: non è che se A mette 40 B può mettere 60.

Cosa può fare il partecipante per arricchire la propria presenza relazionale?
Lo vediamo nel prossimo e ultimo capitolo, sfruttando l’ospitalità dell’aspetto tecnologico che utilizzeremo in senso molto lato

LA FORMAZIONE ONLINE E LA TECNOLOGIA

Vedere

Se ognuno si fa vedere, tutti vedono tutti.

Non si fanno le videocall da cellulare. Non scherziamo! Nemmeno dall’IPad.
Se siamo in gruppo, se va bene siamo in 5 e quindi ognuno deve dividere lo schermo del computer per 4… Fatti 2 conti…
Se siamo di più… peggio mi sento

Non siamo alla Messa di Natale ½ ora prima che cominci, né siamo nel privé di un locale equivoco, non serve l’atmosfera, accendi le luci, fai in modo che ti si veda.

Non siamo interessati al tuo soffitto, né alla tua scrivania, vogliamo vedere la tua faccia, tutta intera. Controlla l’inclinazione del tuo schermo.

Sentire

Se ognuno si fa sentire, tutti sentono tutti.

Se puoi mettiti delle cuffie, insonorizzano te e proteggono quelli che ti ascoltano dai rumori attorno.

Presidia un setting funzionale

Faresti mai sesso sul sagrato della Basilica della tua città?
Quindi perché ti metti in videocall con attorno delle persone che stanno vivendo la loro vita? Che ti fanno ciao-ciao con la manina dal corridoio e alle quali tu rispondi per cortesia nei loro confronti. Nei loro, non dei nostri, a proposito di relazione…

Spegni ‘sto cellulare.
Non solo quando sei online, spegnilo anche quando leggi un file, quando guardi un video, quando scrivi.
Se non riesci a tenere spento il cellulare per un’ora o due hai un problema molto più grande di quello che pensi di risolvere tenendolo acceso…
«Ma è in silenzioso…». Naaaa, anche WhatsApp è silenzioso, Dio lo fulmini!

Il tempo necessario

3 ragioni per cui il tempo necessario non coincide con la durata della sessione, es: dalle 14:30 alle 16:00.

  1. Se ti colleghi alle 14:30 sei puntuale, è vero ma o mettiamo a budget anche un momento per i saluti e quindi la sessione finisce alle 16:15, oppure ci troviamo alle 14:15 per un minimo di socialità pre.
  2. Se ti colleghi alle 14:30 e fino alle 14:29 eri con la testa su altro, è bene che tu sappia che non hai un HW così potente come credi, il cervello umano ha bisogno di ammortizzatori temporali fra un’attività e l’altra.
    Se vuoi essere sul pezzo alle 14:30 significa che alle 14:15 devi cominciare a fare spazio (ricordati del tuo corpo: magari devi bere, magari hai bevuto 1 ora fa e adesso… magari hai bisogno di un caffè, magari ti prepari un tè e te lo porti con te, va benissimo, anche come scioglilingua…).
  3. Non ti prendere un appuntamento alle 16:00, per le stesse ragioni che ho già scritto ma anche perché magari ci serve qualche minuto in più per terminare un discorso e se c’è una cosa deprimente sono gli incontri che finiscono per esaurimento partecipanti.
    «Scusate, vi lascio, devo andare», metacomunica: «Ho una cosa più importante di questa che sto facendo con voi» a proposito di relazione…

Mio il castello, mie le regole… 😊

Leave a Reply