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Recita un proverbio arabo: «Puoi portare un cammello alla fonte ma non puoi costringerlo a bere».
(Ho visto persone rammaricate per non essere trattate almeno da cammelli…)

«Chi me lo fa fare?» è la domanda fondamentale quando ci avviciniamo alla formazione.

Però… però la relazione non è solamente fra me e la formazione, è anche fra me e l’istituzione che mi fa la proposta, fra me e il mio capo che la caldeggia o che al contrario la osteggia, più o meno esplicitamente…

Come si fa a non chiedersi «cosa (mi) succede se dico di no?» (1)
Noi sappiamo che non siamo liberi di dire di sì se non siamo liberi di dire di no. Quindi, che fare?

Una risposta, piuttosto gettonata e sibillina, è «me lo chiede l’azienda» che dice una cosa talmente ovvia: Pantalone paga quindi Pantalone chiede, che è inutile ribadire, a meno che non voglia dire altro ma allora perché non dirlo? E si torna a: (1)

Altre volte le persone sono sinceramente convinte di voler andare alla fonte ma ciò non significa che vorranno anche bere.
Spesso le persone desiderano il risultato dell’apprendimento ma non il processo: vorrei parlare correttamente l’inglese ma non voglio fare la fatica di impararlo.
Questo vale anche per molti altri aspetti della vita, io vorrei un fisico tonico ma non ho mai voglia di allenarmi… quindi? Chi me lo fa fare di andare in palestra?

Cos’è la committenza

La committenza è vocabolo con cui nella formazione indichiamo il sistema di motivazioni con cui un/una partecipante si avvicina alla formazione.

Affermare, anche in buona fede, di essere committenti non è particolarmente predittivo, la committenza non si ascolta, si vede: nei comportamenti di chi si confronta con i propri limiti, nei gesti di chi cerca la soluzione al proprio problema, nell’energia che muove l’animo, nella serietà di chi prende in carico il proprio sviluppo, nella voglia di essere protagonista della propria esperienza di apprendimento.

La committenza è endogena, riguarda la motivazione personale: non c’è apprendimento se non è la persona a volerlo.

Se non si considera la centralità della persona diventa inutile investire in formazione, perché qualsiasi sforzo sarà vanificato dalla mancanza di senso.

Cosa succede talvolta

Le organizzazioni usano i loro sistemi valutativi per rilevare il bisogno, costruiscono così la loro committenza: alcune cose devono andare meglio rispetto a ieri, se sono le persone a doverle far andare meglio, invitano le persone ad imparare a farlo.
L’obiettivo è legittimo e ragionevole, ed è noto alle persone, non resta che cercare qualcun* che possa insegnare a farlo.

Talvolta le organizzazioni si accontentano di questo ingaggio: «per me è importante, ti ho detto che è importante, ho trovato chi te lo insegna, cosa ti serve altro?»

Come si produce committenza nelle persone

Non basta avere un passato, occorre imparare dal passato.

Se tutte le persone che sanno che il fumo fa male fossero, per questa ragione, committenti verso l’idea di smettere, non ci sarebbero più persone che fumano. Segno che non è sufficiente sapere di avere una necessità per farsene carico.
Gli esseri umani sono disposti a fare la fatica dell’apprendimento solo se riconoscono nelle esperienze vissute le tracce del loro bisogno.
Solo se accolgono il dolore provato e solo se si dicono: «non voglio più sentire quel dolore!».

Non basta che qualcuno glielo dica, nemmeno se è autorevole e affidabile.
Magari fanno sì-sì con la testa per evitare le rogne. E si torna a: (1)
Ma se stiamo parlando di committenza, beh questa è un’altra faccenda…

Non basta aspettare il futuro, occorre investire sul futuro.

Le persone sviluppano committenza se sono convinte che i loro sforzi formativi serviranno ad ottenere dei risultati concreti, spendibili nella loro vita reale.
Non le ricette, non le illusioni, non le promesse seduttive ma programmi credibili e tangibili.

Non esistono, oggettivamente, proposte significative, esistono persone che, soggettivamente, danno significato ad alcune proposte.

Alcune esperienze formative si comprendono solo durante, toccando con mano.
Altre si comprendono a fondo solo dopo, talvolta dopo tanto tempo.
Nessuna si comprende prima…
È la ricerca di senso che deve cominciare prima… fornendo alle persone il tempo e lo spazio per individuare e comprendere il proprio bisogno e riflettere su di sé.

La committenza produce una formazione migliore

Non c’è qualità formativa al mondo che possa fare a meno di una committenza forte.

È il/la partecipante a orientare il lavoro di chi progetta la formazione.
È il/la partecipante a influenzare il lavoro di chi aiuta ad apprendere.
È il commitment del/la partecipante a rendere il setting aperto, disteso e accogliente, a trasformare una potenziale occasione in un’opportunità.
Ecco perché l’esperienza formativa è sempre diversa: perché cambiano i partecipanti e le loro motivazioni ad apprendere.

La committenza produce una formazione migliore che, dando luogo a dei comportamenti più consapevoli e funzionali, migliora l’organizzazione.
Se manca la committenza, la formazione coincide col progetto di un altro e con il limite di questo altro, così costa troppo e rende poco.

Dalla committenza al progetto

Condizione per la committenza è la disponibilità ad accettare la propria mancanza, a riconoscerla e a trarre stimoli nuovi per desiderare altro.
E altro è un progetto centrato su di sé, che inizia prima della formazione, prosegue durante e continua poi, nei vari contesti, compreso quello organizzativo.

Se le organizzazioni vogliono davvero massimizzare il loro investimento in formazione devono saper costruire vera committenza.
Investire in quel moltiplicatore di efficacia che si chiama desiderio consapevole e maturo delle persone.
Non accontentarsi di un’adesione di facciata ma creare le condizioni per una riflessione seria su di sé.

Così ha senso.

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